Mentre scriviamo, la crisi di governo è sfociata nelle dimissioni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Tutto ciò accade in un momento storico e cruciale per il nostro Paese e il mondo intero. Non sappiamo a chi andrà il prossimo incarico. Di sicuro tra i tanti nodi non risolti del futuro esecutivo ne resta uno particolarmente grave. Riguarda il terzo settore, che vale da solo il 5% del PIL, escluso dalla garanzia statale dei crediti nella legge di Bilancio 2021. Riguarda il terzo settore, che vale da solo il 5% del PIL, escluso dalla garanzia statale dei crediti nella legge di Bilancio 2021. Già, proprio così: imprese sociali, cooperative, associazioni, fondazioni non possono accedere ai crediti coperti da garanzia pubblica al 100%. Previsti invece per le imprese for profit. Come ha dichiarato al direttore di Valori.it, il sottosegretario al Lavoro, Steni Di Piazza, potrebbe essere stata una “svista” colpevole che lo stesso esponente del M5S attribuisce ai tecnici del ministero delle Finanze. E in generale alla pressione che la crisi pandemica ha generato nel Paese. Ma la vicenda non sembra, per gli addetti ai lavori, una “semplice” dimenticanza. «A livello nazionale, il settore dell’economia sociale in senso ampio ha un giro d’affari di circa 71 miliardi di euro. Presenta un’occupazione pari circa all’8% degli occupati complessivi. E al 17% di quelli del settore privato», aveva già ricordato qualche mese fa Gianluca Salvatori, segretario generale dell’istituto Euricse. Secondo Francesco Abbà, presidente di CGM Finance, e Flaviano Zandonai (open innovation manager del Gruppo cooperativo CGM), «il terzo settore fatica ancora a farsi apprezzare per quello che è». Di certo, da questa vicenda emerge una ridotta capacità di comprensione della complessità del settore poco al passo coi tempi. Perché probabilmente il legislatore ha dato per scontato che organizzazioni di Terzo settore di natura non commerciale non abbiano bisogno di risorse finanziarie per funzionare. E quindi non sia necessaria alcuna garanzia pubblica. Oppure, peggio ancora, che siano così poco affidabili da non meritarsela. Un problema di visibilità ma anche di priorità sociale, rispetto agli ultimi. Nei vari provvedimenti che riguardavano i ristori, dilazioni, benefici per superare la crisi Covid innescata dal Covid-19, si è spesso “dimenticato” il Terzo settore, recuperandolo solo in “zona Cesarini”. Eppure proprio la crisi pandemica ha messo in evidenza come l’ambito non profit, nell’Italia del welfare tagliato e indebolito, sia sempre più importante. Occorrerà ribardilo, al prossimo governo. |
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